NO AGLI AUMENTI SUL GASOLIO

8 Settembre 2020 TUTTE LE CIRCOLARI

Si pubblica, nel seguente link, l’appello che le Associazioni dell’autotrasporto, della logistica e del commercio di carburanti hanno inviato al Governo con il loro No agli aumenti sul gasolio.


No agli aumenti sul gasolio:

l’appello delle Associazioni dell’autotrasporto, della logistica e del commercio di carburanti al Governo.

Il 31 luglio scorso il Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha lanciato una consultazione pubblica su alcune proposte di legge finalizzate a rimuovere progressivamente taluni sussidi ambientalmente dannosi.

Accusato di godere di un sussidio, tra gli altri, è il gasolio auto, che beneficia – per così dire – di un’accisa inferiore a quella sulla benzina (0,617 euro/litro, contro 0,728 euro/litro).

Tra le varie proposte normative vi è quella di riallineare progressivamente le aliquote di accisa di benzina e gasolio a partire dal 1° gennaio 2021.

Le scriventi associazioni che rappresentano, rispettivamente, il comparto dell’autotrasporto e della logistica e quello del commercio dei carburanti denunciano l’imminente rincaro del gasolio, l’ennesimo inasprimento delle tasse, stavolta camuffato con presunte motivazioni ambientali, delle quali si fatica a trovare il reale fondamento.

Innanzitutto è bene chiarire che il trattamento differenziale tra gasolio e benzina non è in alcun modo qualificabile come sussidio. Infatti, siamo di fronte a due aliquote di accisa diverse, come diversi sono i due prodotti, sia in termini di prestazioni che di impatto ambientale. Rispetto alla benzina, il gasolio (grazie anche alla crescente efficienza dei motori) consente di fare più chilometri con un litro e produce minori emissioni di CO2.

Il differenziale tra le due aliquote, che si ritrova in tutti gli Stati membri dell’UE (con le sole eccezioni di UK e Belgio), era stato originariamente pensato per promuovere un graduale ricambio dei veicoli verso motorizzazioni con un ridotto impatto sul clima. Gli italiani hanno orientato di conseguenza le proprie scelte di consumo: adesso è davvero surreale adottare un atteggiamento punitivo verso quei cittadini che hanno fatto esattamente ciò che gli si chiedeva di fare! E non parliamo solo di trasporto privato: è bene ricordare, infatti, che ben oltre il 95% del parco circolante dei veicoli adibiti al trasporto di merci (veicoli commerciali e industriali) sono alimentate a gasolio. L’incremento delle accise sul gasolio si tradurrebbe quindi in un aumento dei costi di trasporto, con l’inevitabile aumento dei prezzi dei beni di consumo.

La tassazione sui carburanti in Italia, peraltro, è già tra le più alte nell’Unione Europea, seconda solo a quella del Regno Unito. Gli attuali livelli di accise sul gasolio, inoltre, generano già un gettito sufficiente a controbilanciare gli effetti negativi derivanti dall’utilizzo di questo carburante, come dimostrato da numerosi studi sull’argomento. Un caso esemplificativo: secondo i nostri studi, le imprese dell’autotrasporto versano molto di più rispetto all’inquinamento prodotto; un camion Euro6 genera un costo esterno pari a 13,1 centesimi di euro, mentre paga di sola accisa netta 40,3 centesimi, pari a oltre un miliardo di euro all’anno.

“Una transizione green per non lasciare indietro nessuno”, per citare ancora una volta le parole del Ministro Costa, non potrà essere perseguita continuando ad attingere indiscriminatamente alle tasche dei cittadini.

Nel 2020 il Pil italiano è atteso perdere attorno al 12 per cento (secondo le stime dell’UE), forse più. Nel 2021 ci si aspetta una modesta ripresa, ma certamente non torneremo ai livelli del 2019 e tanto meno a quelli pre crisi, che l’Italia, unico paese in Europa assieme alla Grecia, ancora non ha ricuperato. In queste condizioni di generalizzato impoverimento, inasprire un’imposta che ha per sua natura un effetto regressivo – cioè grava proporzionalmente di più sui poveri, che hanno mezzi meno efficienti e che destinano all’energia una quota maggiore della propria spesa per

consumi – appare non solo politicamente ingiustificato, ma anche economicamente dannoso.

Insomma: se si vuole promuovere la riduzione dell’impronta ecologica dei carburanti, occorre offrire opportunità tangibili di miglioramento della qualità ambientale e del tenore di vita delle persone, non si può scegliere una via punitiva che finisca per alimentare la percezione che la sostenibilità può essere perseguita solo a spese delle fasce sociali medio-basse né si può consentire un’azione punitiva contro intere categorie produttive.

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